terra arida2Da molti giorni, a causa del perdurare di una fase meteorologica caratterizzata da robuste e quasi inossidabili alte pressioni sub-tropicali a tutte le quote, mancano le piogge sulla quasi totalità della regione, a parte episodici fenomeni temporaleschi sui nostri rilievi.

Se da un lato è vero che la stagione estiva in regione non è certamente la più piovosa dell’anno (climatologicamente parlando), dall’altro è altrettanto vero che non è nemmeno la più secca, o almeno non dovrebbe esserla. Quindi, a dispetto degli amanti della tintarella, anche in estate dovrebbe piovere, mentre al momento, dopo un giugno con precipitazioni inferiori alla norma climatologica, il mese di luglio sta trascorrendo senza precipitazioni degne di nota.

Infatti i regimi pluviometrici tipici del clima regionale, particolarmente nelle aree di pianura, mostrano, o meglio mostravano, le due stagioni di transizione molto piovose (autunno seguito dalla primavera) e due minimi nelle stagioni principali, con minimo invernale tuttavia superiore a quello estivo.

Nel nuovo millennio però qualcosa è cambiato, e non solo a carico delle temperature, ma anche in relazione alle precipitazioni si sta osservando una graduale modificazione dei regimi pluviometrici stagionali. Nello specifico stanno aumentando quelle invernali e diminuendo quelle estive (anche fino ad un -25/-30% in Romagna rispetto alle medie climatologiche di periodo 1971-2000), del resto in perfetto accordo con gli scenari profilati già da tempo dalle simulazioni dei modelli climatici (AOGCM).

Non traggano in inganno le piovose (ma non fredde, attenzione) estati del 2002 e del 2014, che potrebbero rappresentare la classica eccezione che conferma la regola, e che potranno ripresentarsi di tanto in tanto che in futuro. Ma il segnale climatico sul lungo termine è ben diverso. Insomma nel nuovo millennio l’estate, oltre a divenire sempre più africana, sta diventando effettivamente la stagione più secca dell’anno (due facce della stessa medaglia).

Molto spesso si sente parlare, specialmente presso i mass media come giornali, TV, internet, di situazioni di siccità o aridità in particolari periodi storici; come ad esempio quello attuale che vede precipitazioni scarse o molto scarse da diverse settimane a questa parte nonostante i primi 5 mesi del 2015 siano stati tutt’altro che avari di pioggia.

I due termini, vale a dire aridità e siccità, non sono sinonimi come potremmo essere indotti superficialmente a credere, ma rivelano condizioni ambientali che possono essere sostanzialmente diverse. Intanto vediamo di individuare una corretta definizione di entrambi:

L’aridità è definita come una caratteristica climatica che somma la contemporanea scarsità di piogge (non oltre 200-400 mm annui, mediamente 300 mm) con l’elevata evapotraspirazione la quale sottrae umidità al terreno. Circa il 48% della superficie del pianeta, ovvero quasi 6,5 miliardi di ettari, è caratterizzato da terre aride o semi aride (fonte UNEP 1997). “Questo carattere limitante individua le terre asciutte, supporta con le proprie gradazioni una loro classificazione e ne plasma in misura decisiva gli ecosistemi” (Faggi, 1997).

La siccità è invece definita come la “sensibile diminuzione dell’acqua disponibile in un determinato periodo e per una determinata area geografica” (Wilhite, 1993). In base a questa definizione la siccità si presenta come un fenomeno temporaneo che può manifestarsi anche in aree non aride. Essa è, in definitiva, una normale e ricorrente particolarità del ciclo idrologico e può verificarsi sia in zone secche che umide, e ciò avviene quando le precipitazioni sono, per un periodo più o meno prolungato, sensibilmente inferiori ai valori normalmente registrati nel tempo (almeno un trentennio di osservazioni).

Ecco quindi la differenza sostanziale (ed importante) tra aridità e siccità;

la prima rappresenta uno stato permanente dovuto alle particolari modalità di circolazione atmosferica media esistenti alla macro scala (es. zone continentali occupate per gran parte dell’anno dalla fascia degli anticicloni subtropicali permanenti); la seconda uno stato temporaneo (che può essere comunque anche assai prolungato), dipendente dalle anomalie nella modalità di circolazione alla scala sinottica che molto spesso si presentano su diverse aree del globo (es. ostinati anticicloni di blocco a latitudini extra tropicali, rilassamento delle westerlies, grandi onde di Rossby semistazionarie).

Chiaramente la determinazione di un’area affetta da aridità implica valutazioni di ordine essenzialmente climatologico, mentre per quanto concerne la siccità occorre rifarsi ad analisi di ordine essenzialmente meteorologico.

Non tutte le siccità sono uguali, infatti in base al tipo di indagine da svolgere o agli effetti provocati le possiamo distinguere in:

Siccità meteorologica, ovvero legata unicamente alla scarsità di piogge in base ai riferimenti climatologici.

Siccità idrologica, che fa riferimento al carente apporto idrico nel suolo, nei corsi d’acqua, nelle falde acquifere.

Siccità agricola, relativa alla scarsità di acqua disponibile rispetto ai fabbisogni irrigui delle coltivazioni.

Siccità socio-economica, inerente alla quantità dei consumi resi necessari per scopi territoriali, ambientali, urbani, etc.

Ad esempio può esservi siccità agricola e non meteorologica o viceversa, tutto dipende dalla tipologia di analisi che intendiamo effettuare.

Esistono diversi indici statistici per dare una dimensione al fenomeno della siccità. Il principale, e comunemente adottato, è lo SPI (Standardized Precipitation Index) che fa riferimento ai dati statisitico-climatologici delle precipitazioni; in parole povere è un indice di siccità meteorologica. L’utilità dello SPI è quella di rappresentare le precipitazioni locali così da poter confrontare regioni contraddistinte da vari regimi pluviometrici diversi tra loro. Lo SPI, con i relativi valori, indica di quanto la precipitazione si discosta dalla norma climatologica: valori positivi dell’indice indicano una precipitazione maggiore rispetto alla media, valori negativi una precipitazione minore rispetto alla media. Per fare ciò si esegue una normalizzazione statistica della distribuzione di probabilità della pioggia, stimata dalla serie storica inerente un determinato punto.

In pratica, regioni o zone a clima secco o umido possono essere monitorate nello stesso modo. Può essere calcolato a 1, 3, 6, 12, 24 e 48 mesi

Al di là della formulazione dell’indice, alquanto complessa, è sufficiente sapere che a valori di SPI via via più negativi corrispondono condizioni di siccità progressivamente più severa secondo il seguente schema:

SPI>2 estremamente umido

Da 1,5 a 1,99 molto umido

Da 1,0 a 1,49 moderatamente umido

Da -0,99 a 0,99 vicino alla norma

Da -1,49 a -1,0 siccità moderata

Da -1,99 a -1,5 siccità severa

SPI<2 siccità estrema

Anche sulla nostra regione viene costantemente monitorato l’andamento dell’indice SPI (3-6-12-24 mesi), ed i valori sono consultabili, su stazioni campione prese a riferimento, presso il sito di Arpa-SMIC a questo link:

http://www.arpa.emr.it/siccita/?osservatorio/spi_indice

P. Randi