Con il termine “blizzard” si intende, sotto il profilo meteorologico, una tempesta di neve con raffiche di vento molto forti e conseguente bassa visibilità.
La distinzione tra un blizzard ed una normale tempesta di neve è di tipo convenzionale, ma non esistono credenziali universalmente riconosciute; infatti i parametri di valutazione variano in base alle diverse zone del pianeta nelle quali tali eventi si manifestano. Ad esempio per il servizio meteorologico canadese una tempesta di neve può essere classificata come blizzard se risponde ad alcune caratteristiche, le principali delle quali sono: visibilità inferiore a 1000 m; venti superiori a 40 km/h di velocità media; temperatura percepita a causa del vento (windchill) inferiore a -25.0°C e con durata di almeno 4 ore.
Ma, ad esempio, per il servizio meteorologico inglese (UKMO) tali parametri sono più restrittivi: forti nevicate con visibilità orizzontale inferiore a 200 m e vento medio con velocità di almeno 48 km/h.
Chiaramente in base alle caratteristiche di cui sopra, pochissimi o nessuno degli eventi occorsi nella nostra regione potrebbero fregiarsi dell’appellativo di “blizzard” (specie in relazione ai -25.0°C di windchill che presupporrebbero temperatura dell’aria di almeno -15.0°C con vento medio di circa 25 km/h), pertanto il termine, soprattutto a livello mediatico, è discretamente abusato anche in occasione di episodi che del blizzard hanno poco o nulla.

In epoche non troppo remote alcuni eventi che possono essere definiti come blizzard, magari non applicando totalmente le indicazioni della letteratura, sono quelli del 2 gennaio 1979, del 5 gennaio 1985 e del 13 dicembre 2001, con la differenza che i primi due ebbero durata maggiore e furono accompagnati da nevicate più intense. In ogni caso la tempesta di neve del dicembre 2001, per quanto breve, lasciò il segno in diverse aree della regione, essenzialmente per i fenomeni a carattere di rovescio temporalesco (con attività elettrica) e venti molto forti di bora (oltre 100 km/h su costa).

Il mese di dicembre 2001 fu alquanto freddo a partire dal giorno 7 allorquando lo sviluppo di un vasto anticiclone a tutte le quote su Europa centrosettentrionale fece affluire sulla nostra penisola masse d’aria fredda e secca di origine polare continentale, le quali interessarono in particolare il versante adriatico e le regioni meridionali, laddove si ebbe un primo calo termico.
La situazione rimase invariata fino al giorno 12, quando una ulteriore pulsazione verso le latitudini artiche europee da parte dell’anticiclone, con isolamento di un massimo chiuso su Mare di Norvegia, favori la retrogressione in quota di un vortice di aria artica continentale, staccatosi già il giorno 8 dal comparto siberiano, su Russia occidentale.
Il giorno 13, persistendo la medesima configurazione di alta pressione a latitudini elevate, il vortice artico in quota (goccia fredda in sostanza) continuò a muoversi verso ovest determinando una struttura di blocco meteorologico a bicella (o rex block), e puntando verso il centro Europa ed arco alpino.

Nel pomeriggio-sera del giorno 13 il vortice freddo di origine artica continentale in quota (circa 5200 m) si portò, provenendo da ENE, su alto Adriatico e Triveneto proseguendo poi la sua corsa verso W, mentre su Europa occidentale e settentrionale rimase attivo un vasto promontorio anticiclonico all’origine della retrogradazione della goccia fredda.
Ad essa furono associate correnti cicloniche da NW che si disposero in seguito da SW ed infine da SE, apportando masse d’aria molto fredda ed instabile, favorevoli all’innesco di precipitazioni convettive (rovesci temporaleschi). All’interno del nocciolo artico si ebbero temperature di circa -41.0°C alla quota di circa 5200 m, valore molto basso anche in relazione al periodo (inizio dell’inverno meteorologico).

Sul nostro territorio infatti si manifestarono temporali sparsi, talora anche di forte intensità, che dal ferrarese e fascia costiera si propagarono, tra il tardo pomeriggio e la serata, verso il resto della regione, accompagnati da forti venti di bora.

Alle ore 22 locali la goccia fredda in quota si era mossa ancora verso W come evidenziato dalla mappa seguente derivata dal modello ad area limitata BOLAM:

 

Bolam

Topografia di geopotenziale a 500 hPa ore 18 GMT 13 dicembre 2001. Fonte: BOLAM model archive ARPAL

Sulla nostra regione agì, sul piano isobarico di 850 hPa, l’isoterma -10.0°C che occupò le regioni nordorientali fino al ravennate; tali valori consentirono il verificarsi di nevicate anche in pianura e lungo le coste, sovente di tipo temporalesco.
Solo su riminese, dopo una prima fase con precipitazioni nevose, si ebbe la trasformazione in pioggia o pioggia mista a neve per il rapido allontanamento verso ovest del nocciolo artico associato ai valori termici più bassi, mentre a bassa quota le masse d’aria, considerando il loro transito sulla superficie marina (bora), non presentarono temperature sufficienti per mantenere i fenomeni a carattere nevoso.

La natura essenzialmente temporalesca dei fenomeni portò ad accumuli al suolo estremamente variabili, oscillanti in regione tra pochi cm o addirittura assenza di copertura al suolo (ferrarese) a 20 cm ed oltre in diverse aree regionali.
Nella bella immagine satellitare del tardo pomeriggio del giorno 13 si notano molto bene gli ammassi nuvolosi dovuti all’ingresso del vortice freddo in quota.

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Immagine sat ore 15.22 GMT 13/12/2001: Fonte:NEODAAS AVHRR Archive

Infatti alle ore 16.22 locali la nuvolosità, anche cumuliforme, era in piena azione su triveneto e Romagna con precipitazioni sparse a prevalente carattere di rovescio che, associate a venti molto forti da ENE, produssero scenari tipici del blizzard con scaccianeve al suolo (sollevamento della neve causa raffiche di vento).

La natura essenzialmente convettiva dei fenomeni si evince anche dall’immagine satellitare del giorno 16 dicembre in concomitanza ad ampie schiarite su tutta la regione:

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Immagine sat pomeriggio 16/12/2001. Fonte: Marco Pifferetti (marcopifferetti.altervista.org)

Appare infatti evidente l’irregolare distribuzione del manto nevoso al suolo e la sua consistenza a causa dell’intensità e durata assai variabile delle precipitazioni; con le linee tratteggiate che separano le zone di maggiore accumulo (aree in bianco più brillante). In Romagna tali aree corrispondono al ravennate centrorientale fino alla costa ed al forlivese-cesenate, mentre la costa riminese risulta sgombra di neve. In Emilia furono più colpite il reggiano e modenese, oltre naturalmente a tutti i rilievi appenninici.

Nei giorni seguenti si mantenne una situazione generale favorevole al persistere di afflussi di aria fredda e secca dai quadranti nordorientali (alta pressione su Europa occidentale ed ampie saccature su Balcani ed Europa orientale), con temperature assai basse, specie nei valori minimi, ma sostanziale assenza di fenomeni.

Tra il giorno 26 e 27 dicembre il temporaneo arretramento in Atlantico del promontorio anticiclonico a tutte le quote, favorì la discesa di una saccatura in quota dal nord Europa verso la nostra penisola, il cui transito sulla nostra regione fu associato al passaggio di un sistema frontale atlantico (occlusione).

Si ebbero pertanto nuove nevicate di tipo frontale tra la serata del 26 ed il primo mattino del 27 dicembre anche in pianura e fino alle coste, in questo caso con accumuli più uniformi.

Il quadro delle nevicate occorse in regione nel dicembre 2001 è riassunto nella seguente tabella da fonte Annali Idrologici:

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I quantitativi oscillarono tra i 15 ed i 20 cm su pianure del bolognese, ferrarese e ravennate, mentre inferiori furono sul resto della regione con pochi cm su riminese.
Accumuli tra i 20 ed i 40 cm si ebbero sui rilievi appenninici. Indicativamente nei due eventi, dalle caratteristiche completamente diverse, caddero tra i 20 ed i 40 cm di neve nelle aree di pianura, tra i 5 ed i 25 su fascia costiera con minimo su riminese, e tra i 30 ed i 60 cm sui rilievi.
I valori in tabella non sono quelli definitivi della stagione per il comparto bolognese: Anzola Emilia (BO) giunse a 39 cm; Bologna 20 cm; Imola (BO) 25 cm; Forlì 30 cm; Cesena 27 cm.

Passi dell’articolo tratti da: “I grandi inverni dal 1880 in Romagna e province di Bologna e Ferrara” di Roberto Ghiselli e Pierluigi Randi.