Degli effetti del severo temporale occorso nel comprensorio di Ravenna durante il pomeriggio del 28 giugno se ne è ampiamente occupata la cronaca locale e regionale; ma sta di fatto che le conseguenze dell’evento sono state localmente vistose, con rovesci di grandine (talora di considerevoli dimensioni) ma soprattutto con intense raffiche di vento, con picchi massimi oltre i 100 km/h sul capoluogo.

A scanso di equivoci è bene precisare che severi eventi temporaleschi, con violente grandinate ed intense raffiche di vento, si sono sempre manifestati nella nostra regione (proprio in questi giorni, ad esempio, occorre l’anniversario dei terribili eventi del 29 giugno 1986 in Romagna e del 30 giugno 1998 in Emilia), per cui non possiamo affermare di trovarci di fronte a fenomeni sconosciuti.

Peraltro è cosa abbastanza comune subire severe fasi temporalesche dopo intense ondate di caldo come quella che si è avuta fino a pochi giorni fa, specie qualora nei bassi strati sia presente aria molto umida. I temporali si “nutrono” e si alimentano di aria calda ed umida pescata in bassa troposfera, per cui più ce n’è e più probabilmente intensi saranno i fenomeni, anche se ovviamente ci sono altri fattori in grado di innescare tempeste severe (es. windshear).

Chiaramente, trovandoci in un periodo climatico nel quale le estati sono sempre più calde (a proposito, giugno 2017 chiuderà al secondo posto come più caldo dal 1950 dopo quello del 2003 e battendo il già caldissimo giugno 2012), e con temperature nei bassi strati sovente molto al di sopra della norma, i fenomeni convettivi se ne giovano, presentandosi assai spesso “cattivi”.

Ed ecco che dopo l’intensa ondata di caldo dei giorni passati, alla prima sollecitazione, in questo caso l’arrivo di aria fredda in quota associata al passaggio di un fronte freddo proveniente da WSW, i temporali che si sono innescati sono facilmente risultati severi, in particolare sulla fascia collinare tra imolese e faentino, e lungo una fetta di territorio pianeggiante provinciale esteso tra i comprensori di Cotignola, Bagnacavallo (in particolare a sud della strada S. Vitale), Russi ed infine Ravenna.

Sistemi temporaleschi complessi, in prevalenza QLCS (Quasi Linear Convective System) sia di tipo prefrontale che frontale, sono risaliti nel pomeriggio del 28 dalla Toscana, indebolendosi appena valicato l’arco appenninico, ma trovando nuova energia potenziale disponibile appena giunti sulla bassa collina e pianura romagnola, la quale è stata sfruttata per un processo di ringiovanimento con l’innesco di nuove e più intense celle, le quali si sono poi dirette verso la costa.

In particolare la cella che ha infierito su Ravenna è nata più ad ovest come una normale cella temporalesca, tuttavia è andata intensificandosi rapidamente alcuni km ad ovest del capoluogo. Non a caso quella zona era stata risparmiata da un primo sistema temporalesco (tra le 13.00 e le 14.00 locali) attivo su lughese, per cui mancando il tipico raffreddamento dei bassi strati che sempre accompagna e segue un temporale, la cella ha “risucchiato” davanti a sè aria ben più calda ed umida stazionante in loco (in parte affluita anche dal mare tramite correnti molto umide da ESE) rispetto alle zone già interessare dai fenomeni (lughese).

Un’analisi della pressione atmosferica al suolo relativa a circa un’ora prima del sopraggiungere del sistema temporalesco su Ravenna (ore 16.00 locali) è alquanto eloquente e riportata di seguito:

press-suolo

Analisi della pressione al suolo in hPa ore 16.00 locali sul nord Italia, fonte: Meteociel

In essa si nota la chiusura di un minimo barico secondario, inserito in una più vasta circolazione depressionaria avente minimo principale in prossimità del golfo ligure, su Romagna orientale (lettera B), il quale ha favorito la convergenza nei bassi strati tra correnti orografiche più secche da SW, (frecce verdi) e flussi molto umidi e caldi (frecce gialle) da E in rientro dal mare Adriatico. In tal modo il sistema convettivo avanzante verso ENE ha trovato lungo il suo percorso le condizioni ideali per una sua intensificazione (moti convergenti nei bassi strati tra masse d’aria aventi diverse caratteristiche termo-igrometriche favoriscono i moti verticali). Naturalmente un ruolo primario è stato svolto, ma a quote superiori, da un afflusso di correnti spiccatamente cicloniche e fredde da SW, legate ad una vasta saccatura nel campo del geopotenziale approfonditasi sulla Francia, le quali hanno determinato un elevato gradiente termico verticale (colonna instabile). L’ingresso da WSW dell’aria fredda in quota è ben evidente nella mappa successiva:

t500_004

Temperatura in °C prevista sul piano isobarico di 500 hPa ore 15.00 GMT. Fonte: Moloch 1.25 km ISAC-CNR

In essa si nota l’avanzare da occidente di una massa d’aria più fredda a stridente contrasto con quella ancora molto calda ed umida presente nei bassi strati.

Il sistema temporalesco multicellulare (QLCS) si è quindi intensificato evolvendo verso levante, ed in particolare una cella convettiva all’intero del sistema stesso ha mostrato fin da subito carattere di notevole intensità. Anche le immagini satellitari rivelano il grado di severità della cella, come allegato di seguito:

sat-16-45

Immagine sat nel campo del visibile ore 16.45 locali. Fonte: sat24.com

Si nota molto bene come, all’interno di un più esteso sistema temporalesco (QLCS), svetti una cella più robusta evidenziata da un visibile overshooting top (cupola o top della cella che si eleva sul resto del sistema nuvoloso) che determina una sorta di “rigonfiamento” più brillante (cerchio rosso) con piccola ombra proiettata sulle nubi sottostanti. Quella era la cella che di lì a poco avrebbe imperversato su Ravenna, e che già stava provocando grandine e forti raffiche di vento nel comprensorio di Russi.

15 minuti dopo la severa cella si porta ulteriormente verso ENE e la ritroviamo più vicina alla costa ed in piena azione su Ravenna:

sat-17-00

Immagine sat nel campo del visibile ore 17.00 locali. Fonte: sat24.com

In questa immagine si nota l’ulteriore spostamento verso la costa dell’intero sistema convettivo con la cella principale ancora ben rilevabile da overshooting top e relativa piccola ombra sulle nubi sottostanti (incudini delle precedenti celle temporalesche).

Anche le immagini radar non lasciano adito a dubbi mostrando una fascia alquanto ristretta di precipitazioni ma molto intense e con presenza di grandine:

radar

Immagine radar delle ore 17.10 locali. Fonte: ARPAE Radar S. P. Capofiume (BO)

Nello specifico le aree a colorazione rossa indicano precipitazioni intense, mentre quelle di colore viola presuppongono elevata probabilità di grandine come puntualmente verificatosi. Si nota, all’interno del sistema multicellulare, l’azione della cella più intensa con rovesci di grandine in una stretta fascia di territorio che va dalla zona subito a sud-est di Alfonsine fino a Ravenna. La forma arcuata del sistema convettivo (modellata dal Rear Inflow Jet) indica anche elevata probabilità di intense raffiche di vento, ed anche in questo caso i dati confermano.

I danni causati dalle violente raffiche di vento sono stati notevoli, specie nel capoluogo, e le cronache si sono ampiamente occupate di questo aspetto. Tuttavia in più di una occasione ci è chiamato in causa l’opera di una tromba d’aria (o tornado che sono la stessa cosa),

Per avere danni consistenti ad infrastrutture, alberature, etc. non è detto che debba passare per forza un tornado; ci sono altri tipi di fenomeni che causano conseguenze del tutto simili, e che peraltro sono anche più comuni nelle nostre zone quando i temporali sono severi.
Pertanto il fenomeno chiamato “downburst” è per ora la forma più probabile di evento occorso in quel pomeriggio; alcune note didattiche su questo particolare fenomeno si trovano qui:
https://www.emiliaromagnameteo.com/forti-venti-con-danni-associati-ai-temporali-trombe-daria-no-piu-spesso-downburst/
Al momento non ci sono elementi sufficienti che possano chiamare in causa un tornado.

Ipotesi alternative: Qualche vortice da misociclone? Molto improbabile. Premesso che i misocicloni, che peraltro danno origine in larga prevalenza a watesrpout (trombe marine) si innescano essenzialmente sulla superficie del mare, la stessa dinamica del sistema temporalesco del 28 giugno era poco incline a mantenere le condizioni per il loro sviluppo completo (nella fase di stretching verso l’alto non gradiscono troppo vento, o quantomeno gradiscono il “giusto” vento, inteso come velocità).
Rimane una piccola e remota eventualità, che comunque andrebbe documentata e che per ora non è possibile farlo, su un eventuale landspout (vale a dire un tornado non mesociclonico) da mesovortex, o se vogliamo che si innesca a causa di mesovortici di basso livello. Sono però fenomeni in genere brevi e non facili da immortalare, specie in un esteso centro abitato.
Uno schema di mesovortex o low-level mesovrtices è allegato in figura (Trapp. Weisman, 2003):

weisman-trapp

Schema teorico di innesco di landspout da mesovortici di basso livello in seno a sistemi convettivi. Fonte: Weisman e Trapp, 2003

Esso mostra un esempio del meccanismo di innesco di mesovortex di basso livello all’interno di un QLCS.
La linea verde con cuspidi indica il gust front (fronte di raffica), i vettori rappresentano il moto dell’aria sul piano verticale, il tratteggio blu raffigura l’area di downdraft (corrente discendente) associata alle precipitazioni.
Le linee nere in grassetto indicano linee di vortice sul piano verticale, mentre le aree in rosso (viola) indicano zone a vorticità positiva (negativa) sul piano verticale.
Linee di vortice vengono inclinate verticalmente dal downdraft, risultando accoppiate alla vorticità di superficie (in rosso vortice ciclonico; in viola vortice anticiclonico).
L’andamento evolutivo della vorticità accoppiata, che è forzata in parte dall’allungamento della vorticità planetaria (parametro f in stretching), è dimostrato dai cerchi rossi e viola tratteggiati.
Questo schema rappresenta la tipica genesi di mesovortex in QLCS giovani.
Durante la fase di maturità le linee di vortice avranno in genere orientamento opposto; pertanto i vortici risultanti avranno segno inverso; ciò a causa del downdraft e del cool pool che occupano porzioni sempre più estese del sistema.

Una tromba d’aria da mesovortices non si può escludere a priori, ma serve adeguata documentazione (principalmente visiva) che manca.
Pertanto l’ipotesi largamente più probabile rimane il downburst, il quale può parimenti provocare, con le sue potentissime raffiche lineari, danni enormi.
Alcuni dati da stazione al suolo del pomeriggio del 28 indicano infatti raffiche massime di vento a Ravenna di poco superiori a 100 km/h, ma date le circostanze si potrebbe essere arrivati tranquillamente e localmente a 110-120 km/h.
Il che significa un grado 11-12 della scala Beaufort, con effetti così descritti: grado 11 (103-117 km/h, vale a dire tempesta violenta o fortunale): VASTI DANNI STRUTTURALI; grado 12 (> 117 km/h, pari a vento di Uragano): DANNI INGENTI ED ESTESI ALLE STRUTTURE.
Già dal grado 10 (88-102 km/h, tempesta) vengono annoverati possibili CONSIDEREVOLI DANNI STRUTTURALI, SRADICAMENTO DI ALBERI.

Ecco perchè valutare un evento severo come downburst non significa affatto sminuirne l’entità, anzi: le raffiche di downburst hanno quasi sempre durata ed estensione maggiore rispetto ad una normale tromba d’aria, quindi l’area interessata dai danni è quasi sempre più estesa con un ammontare decisamente superiore.