Irma, Josè, Katia: nell’occhio del ciclone  

di Sandro Carniel, primo ricercatore all’Istituto di Scienze Marine del CNR, Venezia

djhgehrw4aa9jbaForse non tutti sanno che le tempeste tropicali i cui venti raggiungono i 119 km/ora di velocità vengono promosse ad “uragani”, e si portano dietro il nome che avevano da piccole. Il nome viene dato in ordine alfabetico, partendo dalla prima tempesta tropicale (viene definita così una depressione tropicale quando il vento supera i 63 kmh) dell’anno… e così, nemmeno il tempo di far la conta dei danni provocati dall’uragano HARVEY che ha messo in ginocchio lo stato del Texas, e per le popolazioni del golfo del Messico è già ora tempo di passare alla lettera I come IRMA. Ma avanti, c’è posto, e ora abbiamo anche JOSE e KATIA in zona. Perché, per le quota rosa, si alterna il sesso.

Come si generano gli uragani è abbastanza noto; quello che non viene mai spiegato è che sono mantenuti e foraggiati, nella loro esistenza, dal calore che trovano mentre passeggiano sulle acque. Più calde sono le acque, più l’uragano cresce in intensità e più umidità si porta dietro. E quando parliamo di acque, intendiamo anche parecchi metri sotto la superficie.

E se sventuratamente vi trovate in un uragano, se potete, rimanete pure “nell’occhio del ciclone”: non esiste in realtà posto più tranquillo, poco vento e pioggia, perché appena vi muovete un poco di qua o di là sono dolori.

Fino a che sta in mare, poi, l’uragano non è di nessuno, e importa solo ai naviganti e a qualche oceanografo o meteorologo, che con osservazioni da satellite e modelli numerici si sfidano per vedere come evolverà. Da anni dicono che dobbiamo capire meglio come funzionano, ma non è facile imbrigliare dentro un computer la fisica delle interazioni oceano/atmosfera, soprattutto con fondi scarsi.

Poi, quando picchia sulla terraferma, sono dolori. Per i venti oltre i 250 km orari e per le piogge che si scaricano. Soprattutto, per le “mareggiate cicloniche, simili ma ancora più imponenti all’acqua alta della Laguna di Venezia; possono penetrare anche parecchi chilometri nell’entroterra.

 


Stanno aumentando questi cicloni in zona tropicale? La statistica per ora è incerta, quanto incerta è quella del famoso pollo di Trilussa. Di certo stanno aumentando quelli intensi, e non si tratta di un complotto ai danni del Presidente USA proprio nell’anno in cui decide di andarsene dai tavoli sul cambiamento climatico…

Si tratta, piuttosto, di mettere in fila le cose, e smetterla di guardare sempre e solo al proprio ombelico: quello che accade sotto casa non è detto che nasca nel nostro vialetto.

Certo, il calore tra atmosfera ed oceani si “distribuisce” e dissipa a causa di grandi meccanismi globali, alcuni dei quali non governabili; ma se a questo aggiungiamo quello figlio del riscaldamento globale che stiamo causando (con temperature degli oceani di mezzo grado superiori alla media), ecco che l’anello di congiunzione tra fenomeni globali come come El Niño/La Niña (il primo molto intenso negli ultimi due anni), cambiamento climatico, ed alcuni eventi “estremi” o “eccezionali” è quantomeno forgiato.

Un anello pronto per essere montato sulla catena che ci striamo stringendo al collo. Non più un sottile filo, che unisce però tutto (perché tutto è connesso: aria, terra, acqua e uomo), e che molti fanno fatica o non vogliono vedere. Perché andare oltre il sintomo locale, nella scienza come in altre discipline, vuol dire capire, prima di fare.

 

uragani

 

oceaniSandro Carniel, che ci ha inviato e messo a disposizione questo interessante articolo, è primo ricercatore all’Istituto di Scienze Marine del CNR, Venezia.

E’ anche autore di un interessante libro che consigliamo di leggere, Oceani, il futuro scritto nell’acqua (Hoepli ed). Un libro semplice e divulgativo, ma scientificamente rigoroso, che conduce il lettore alla scoperta del mondo dell’oceanografia e degli oceani, spiegando il loro ruolo regolatore del clima e le varie, complesse interazioni con la meteorologia, la biologia e infine con la vita dell’uomo sul nostro pianeta.

Ringraziamo Sandro Carniel dell’articolo, senz’altro di interesse per i lettori di Emilia Romagna Meteo.