La stagione invernale 2015-2016 è risultata, in Romagna ed a livello di temperatura media stagionale, più calda rispetto alla norma climatologica di periodo 1971-2000, con una anomalia termica positiva di +2.1°C, dovuta alle seguenti anomalie mensili:
Dicembre 2015: +1,1°C; gennaio 2015: +2.0°C; febbraio 2015: +3.3°C.
In tal senso l’inverno 2015-2016 si colloca come il terzo più mite a partire dal 1950 a pari merito con il precedente ovvero il 2014-2015, e preceduto solo da quelli del 2013-2014 (il più caldo in assoluto con una anomalia termica di temperatura media di +3.0°C) e del 2006-2007 (anomalia di +2.3°C).
Di assoluto rilievo il dato di anomalia termica di febbraio 2016, che con un valore di +3,3°C su base regionale, appare come il secondo più caldo dal 1950 dietro al recente febbraio 2014 che tutt’ora detiene il primato.
Dicembre 2015, anch’esso molto mite, ha però mostrato sensibili diversificazioni tra il comparto appenninico, laddove è risultato mitissimo e con anomalie talora superiori a 2°C, ed il settore pianeggiante e costiero, laddove persistenti inversioni termiche con nebbie frequenti, grazie al dominio assoluto di alte pressioni, hanno contribuito a limitare in parte gli scarti termici positivi dalla norma.
Anomalie di temperatura media invernale in Romagna dal 1950 rispetto al clima 1971-2000. Fonte dati: campione di 15 stazioni Arpa-SIMC
Un dato di estremo rilievo è che nel nuovo millennio, nonostante non siano mancate alcune stagioni anche relativamente fredde, abbiamo avuto i quattro inverni più miti dal dopoguerra e breve distanza gli uni dagli altri, ed anzi tre che si sono verificati consecutivamente.
Anche le ondate di freddo, che non dovrebbero mancare in più di una circostanza nel tipico inverno romagnolo, si sono contate sulle dita di una mano; anzi, a volere essere meticolosi una sola, la quale è occorsa tra il 17 ed il 24 gennaio 2016, quindi assai breve e della durata di una settimana; mentre alcuni modesti cali termici, verificatisi fra fine 2015 ed inizio 2016, sono passati praticamente inosservati.
Anomalia di temperatura in °C ore 00 GMT del 20 gennaio 2016- Fonte: Karsten Hausten
Nell’unica fase fredda dell’inverno appena concluso il culmine è stato toccato intorno al giorno 20 gennaio con anomalie termiche di -3/-4°C rispetto al valore climatologico di periodo 1981-2010, come evidenziato dalla carta sopra, nella quale si notano le aree del continente europeo maggiormente interessate dall’irruzione di aria artica proveniente da NNE e che interessò soprattutto i Balcani e l’Europa centrale. Per il resto del trimestre hanno prevalso periodi decisamente miti, alcuni anche di durata superiore alla settimana.
Se consideriamo che il segnale di fondo, già evidente nei mesi di ottobre e novembre e riscontrabile con l’approccio multimodel ensemble, era diretto verso una generale mitezza in tutti e tre i mesi, possiamo dire che gli scenari di previsione stagionali sono stati, in questa circostanza, appieno rispettati, anzi, con una leggera sottostima di quelle che sono poi risultate le effettive anomalie termiche.
Infatti tali segnali, peraltro con elevata confidenza, mostravano una anomalia termica positiva stagionale di circa +1.0/-1,5°C a livello nazionale, ma nella realtà sulla nostra regione la mitezza dell’inverno 2015-2016 è stata di magnitudine superiore alle attese.
In tal senso occorre tenere presente che le suddette previsioni di scenario non possono tenere in considerazione eventuali forzanti a livello locale o regionale in grado di portare ad anomalie di diversa entità rispetto alla media nazionale o su ampia scala.
Sconfessate invece, e non è la prima volta, indicazioni di segno opposto che tenevano conto o di approcci del tutto inadeguati e frutto dell’improvvisazione, oppure di autentiche “sparate”, in particolare lanciate dai soliti 2-3 siti internet generalisti alla caccia di accessi (uno in particolare purtroppo molto cliccato), con scenari in qualche caso glaciali che puntualmente non si sono verificati.
Nonostante il campo di previsione di scenario a livello stagionale rappresenti ancora oggi una pratica alquanto ostica e rischiosa, e soggetta quindi ad un elevato margine di insuccesso, con l’approccio multimodel ensemble si sono ottenuti i risultati più incoraggianti, e di ciò occorre prendere atto, ovviamente al netto di un margine di incertezza che comunque sarà sempre elevato.
L’aspetto che ha maggiormente contribuito ad un decorso stagionale alquanto mite e con penuria di periodi freddi, è da ricercare in una anomalia barica negativa (pressione più bassa rispetto alla norma) a tutte le quote sul nord atlantico e fino alla Scandinavia, cui è corrisposta una anomalia barica positiva (pressione più alta rispetto alla norma) su area mediterranea nella prima parte della stagione; su Atlantico orientale ed Europa orientale nella seconda parte.
Una tale dislocazione dei centri di anomalia barica determina un flusso occidentale atlantico scarsamente ondulato ed in scorrimento a latitudini elevate nella prima parte dell’inverno (specie dicembre 2015) corrispondente a lunghe fasi anticicloniche sulla nostra penisola con temperature assai miti; mentre nella seconda parte (segnatamente febbraio 2016) un vasto canale depressionario compreso tra i due anticicloni dominanti ha favorito l’ingresso sul Mediterraneo di numerose onde depressionarie da ovest o nord-ovest all’origine di periodi perturbati e piovosi ma in prevalenza miti data la provenienza oceanica delle correnti, alternati a pause anticicloniche più asciutte e stabili ma ugualmente miti.
In pratica questi due modelli di circolazione, protagonisti dell’inverno appena conclusosi, rendono assai improbabile, o solo transitorio, l’arrivo delle correnti che portano il vero freddo, ovvero quelle di matrice continentale che sopraggiungono da nord-est o da est, tanto è vero che un poco di freddo è arrivato solo quando le correnti occidentali atlantiche hanno presentato maggiori ondulazioni (e ciò rientra nel novero delle possibilità) favorendo brevi irruzioni di aria artica marittima con qualche transitoria interferenza continentale tra la seconda e la terza decade di gennaio 2016, ma con la nostra regione solo sfiorata dal grosso dell’irruzione fredda, la quale ha avuto i suoi massimi su penisola balcanica.
Dopo un dicembre 2015 del tutto anticiclonico, mite e con precipitazioni scarsissime se non del tutto assenti; la precipitazioni hanno mostrato una leggera ripresa nel gennaio 2016 (ma essenzialmente nella prima decade del mese) mentre il febbraio 2016, così come lo fu il febbraio 2015, è risultato molto piovoso, sebbene con quantitativi leggermente inferiori a quelli osservati l’anno precedente quando furono stabiliti nuovi primati di piovosità regionale. Peraltro i suddetti rilievi pluviometrici sono a stridente contrasto con la climatologia del mese stesso, il quale dovrebbe essere il meno piovoso dell’anno (su zone di pianura e costa) in compagnia del mese di luglio.
Febbraio mite ma molto piovoso quindi, e di conseguenza con quota delle nevicate sempre molto elevata in rapporto al periodo stagionale, e con totale assenza di episodi nevosi in pianura e su costa.
Febbraio 2016: anomalia di precipitazione in mm in Europa rispetto al clima 1971-2000. Fonte: www.wetteronline.de
A livello stagionale, a causa del piovoso mese di febbraio 2016, abbiamo registrato un surplus pluviometrico stagionale in regione di circa il 30-40%, vale a dire una piovosità di un terzo circa superiore al normale (trentennio 1971-2000).
Tuttavia questo dato non deve far pensare ad una stagione con costante piovosità leggermente o moderatamente superiore alla norma, dal momento che alla determinazione delle anomalie stagionali si è arrivati attraverso un dicembre 2015 molto secco (anomalie pluviometriche negative del 90-100%), seguito da un gennaio con piogge in leggera ripresa ma ancora inferiori alla norma (-10-15% di anomalia), ed infine da febbraio 2016 molto piovoso, con una anomalia pluviometrica media regionale del 220-225%, la quale ha poi determinato un bilancio stagionale positivo.
In pratica le abbondanti piogge di febbraio sono riuscite a controbilanciare le scarse precipitazioni di gennaio e soprattutto di dicembre 2015, determinando alla fine una stagione più piovosa rispetto alle medie di riferimento. In ogni caso nulla a che vedere con la piovosissima stagione 2014-2015, la quale fu caratterizzata da abbondanti precipitazioni sia in gennaio che in febbraio.
Chiaramente con il mite decorso dell’inverno appena concluso sono state praticamente assenti le nevicate in pianura e lungo la costa, a parte una comparsa, e senza accumuli al suolo, sui settori pedecollinari delle province di FC e RN in corrispondenza al giorno 6 gennaio. La fase fredda di gennaio infatti, l’unica di tutto l’inverno, è stata accompagnata da masse d’aria assai secca in un regime anticiclonico, e pertanto poco inclini a generare sistemi nuvolosi i precipitazioni.
Ovviamente, in base a questi riscontri, su tutta l’area pianeggiante e costiera della Romagna l’inverno 2015-2016 ha mostrato una nevosità molto inferiore alla norma climatologica (1961-2010), con generale assenza di episodi nevosi con deposito al suolo.
Archiviamo pertanto il terzo inverno consecutivo molto mite, sebbene non ai livelli del 2013-2014 ed alla pari del precedente (2014-2015), e discretamente piovoso, ma essenzialmente grazie al contributo di febbraio dopo un primo bimestre molto secco, governato nella prima parte dalle alte pressioni sub-tropicali e nella seconda parte dalle miti correnti atlantiche, foriere di piogge abbondanti in febbraio.
Proprio il netto prevalere delle condizioni anticicloniche, associate a scarsa ventilazione ed a ostinate inversioni termiche, ha favorito il ritorno in grande stile della nebbia su aree pianeggianti e costiere, la quale, particolarmente in dicembre 2015, ha caratterizzato la stagione e che in alcune aree della pianura lughese è arrivata a fare la sua comparsa per 29-30 giorni su 31, stabilendo un nuovo primato del massimo numero mensile di giorni con nebbia dal 1990. Il tutto associato a condizioni di pessima qualità dell’aria.
P. Randi