il mite mese di marzo e l’inizio di aprile fin troppo soleggiato e tiepido lo lasciano temere: nel caso, non certo improbabile anche in un clima che si scalda, di irruzioni di aria fredda tardive i danni sarebbero stati ingenti. Del resto, che i cambiamenti climatici potessero esporre, paradossalmente, le colture agricole a un maggior rischio, appunto, di gelate tardive era proprio negli scenari possibili come rischio per l’agricoltura. Semplificando, fa più caldo, le fasi fenologiche anticipano, ma se poi arriva, come è successo la settimana scorsa, aria fredda tardiva, ecco che le gelate trovano le colture in stato avanzato, come se le gelate si verificassero, un clima normale, in quello che fino a pochi anni fa caratterizzava le nostre zone, in maggio o perfino giugno.

Il fenomeno dell’amplificazione artica, di cui già avevamo parlato qui,  rallentando e ondulando maggiormente la corrente a getto espone poi gli Stati Uniti orientalie  l’Europa centro Occidentale a maggior rischio di irruzioni di aria fredda. In poche parole, nell’ambito di un clima comunque globalmente più caldo, non diminuisce o addirittura aumenta il rischio di irruzioni di aria fredda.

Ma quali sono state, da un punto di vista meteorologico, le cause delle ultime gelate? perchè tanti danni, ci ha chiesto qualcuno, anche se i termometri in molte zone non sono scesi a 0°C ma si sono fermati a +1, +2°C? Ce lo spiega, in un post in facebook, Pierluigi Randi, tecnico meteorologo certificato, esperto di temporali e fenomeni convettivi nonchè segretario dell’Associazione Emilia Romagna Meteo.

A conclusione della “sfreddata” dei giorni scorsi, scrive Pierluigi Randi, è in atto un primo e sommario bilancio dei danni cagionati alle coltivazioni, il quale tuttavia potrò essere più chiaro tra alcuni giorni.
Sotto il profilo strettamente meteorologico le gelate occorse in regione non sono state eccezionalmente intense (specie in rapporto ad altri eventi di aprile del passato), e le temperature dell’aria (sottolineo dell’aria e non del termometro) hanno mostrato valori minimi che non hanno superato ed in diversi casi nemmeno avvicinato i record storici del correrne mese, anche se la fase fredda è sconfinata nella terza decade del mese, e qui ci siamo andati molto vicini.

Tuttavia, – continua l’attenta analisi di “Gigio” Rangi,  –  le gelate hanno mostrato una caratteristica poco gradevole, ovvero sono state caratterizzate da valori di umidità relativa molto bassi, anche nelle ore notturne e verso l’alba dovute alle caratteristiche della massa d’aria affluita. Ciò comporta un maggiore raffreddamento degli strati prossimi al suolo, poiché il vapore acqueo ha la proprietà di “schermare” l’effetto dell’irraggiamento radiativo verso lo spazio e quindi di contenere parzialmente la diminuzione della temperatura, per cui meno ce n’è e peggio è (infatti il vapore acqueo si comporta da gas serra, pur essendo naturale).

17990335_10208876711426294_6005720669606167383_o

17966577_10208876713306341_694999140725014204_o
Le gelate secche, spiega Gigio, che gli inglesi chiamano “black frost”, sono le peggiori, dal momento che per i motivi di cui sopra può determinarsi un notevole gradiente termico verticale negli strati bassi e nelle zone interessate dalle inversioni termiche, con differenze di diversi gradi tra il livello al quale vengono rilevate per scopo meteorologico le temperature dell’aria (sui 180-200 cm) ed i livelli inferiori; inoltre la secchezza dell’aria comporta una maggiore perdita di calore delle superfici vegetative (che dipendono dai tipi di coltura e dalla estensione della superficie radiante), le quali possono raggiungere temperature sensibilmente inferiori a quelle dell’aria. In caso di brina poi, il passaggio di stato vapore-ghiaccio rilascia una certa quantità di calore (680 cal/grammo) che viene ceduto all’ambiente rallentando pertanto il calo termico.
Ecco perchè ad altezze inferiori a quelle standard usate in meteorologia, potrebbero essersi raggiunti valori inferiori anche di 3°C e passa rispetto a quelli rilevati dalle capannine o sistemi di acquisizione, ed ecco perchè la gelata senza brina non è affatto un buon segno (in senso generale chiaramente). Influenti anche la tipologia di terreno ed altri fattori.
Determinanti, in senso negativo, anche gli elevati picchi di temperatura occorsi nella settimana precedente (massime fino a 26-27°C degne si inizio giugno).

lotta alle gelate mediante accensione di fuochi nei vigneti in Francia

 
In pratica, conclude l’ottima analisi di Pierluigi Randi,  i danni effettivi non dipenderanno unicamente dalle temperature dell’aria raggiunte ad altezze standard e si valuteranno con maggiore affidabilità più avanti.

Ecco spiegate dunque le cause meteorologiche delle gelate tardive, cos’ da contribuire, come dagli scopi Statutari di Emilia Romagna Meteo a.p.s., a “Favorire  la diffusione della cultura scientifica sui temi della meteorologia, clima e cambiamenti climatici, idrologia, sismica, geologia e scienze affini”.

Ringraziamo dunque il socio Pierluigi Randi per il suo contributo, messo liberamente a disposizione attraverso i social network e ora nel sito di ASMER, e ricordiamo che potete contribuire a sostenere la nostra associazione semplicemente devolvendo il 5×1000 nella denuncia dei redditi.

5x1000-3