L’evento di tempo severo che nella scorsa notte ha flagellato con particolare violenza l’area collinare e pedecollinare situata tra imolese e faentino, con particolare riferimento a quest’ultima zona, può essere classificato senza dubbio come “flash flood”, ovvero “alluvione lampo”, un termine scientificamente riconosciuto, mentre sono del tutto inventati e privi di significato termini come “bomba d’acqua” e similari che spesso compaiono sugli organi di stampa.
Il termine indica un evento precipitativo particolarmente violento e solitamente circoscritto ad una zona ristretta di territorio, ma che può provocare danni enormi determinati da allagamenti, repentine esondazioni di piccoli corsi d’acqua e/o canali di scolo, frane e smottamenti, ed è ciò che è accaduto nelle suddette aree la scorsa notte.
Le alluvioni lampo sono determinate da precipitazioni temporalesche molto violente, della durata di alcune ore, che generalmente interessano territori non particolarmente estesi, ma che insistono per diverso tempo nello stesso bacino.
Sta di fatto che la notte tra il 30 ed il 31 maggio una particolare concomitanza di fattori ha favorito un evento che, soprattutto in termini di consistenza di precipitazioni ha pochi precedenti, anche se eventi caratterizzati da precipitazioni violentissime in breve tempo sono in aumento (basti pensare agli oltre 100 mm in poco più di un’ora su riminese e 70 mm in un’ora circa a Lavezzola dello scorso anno, oppure oltre 100 mm in meno di due ore a Ravenna nel 2007).
Durante la notte tra il 30 ed il 31/5 è giunto da nord un impulso di aria fresca ed instabile pilotato da un vortice depressionario in quota attivo sui paesi danubiani; l’arrivo dell’aria fredda ed instabile ha favorito diffusa attività temporalesca la quale in serata era stata già molto severa in Veneto.
Una volta giunto sulla nostra provincia il fronte temporalesco principale, del tipo multicellulare lineare, sì è in una prima fase parzialmente indebolito, tuttavia la formazione di un minimo depressionario secondario tra bassi e medi strati in Romagna (piani isobarici di 850 e 700 hPa), ne ha determinato la nuova intensificazione grazie all’apporto di vorticità e convergenza di basso livello tra correnti nordorientali ed orientali/sudorientali disposte dal minimo stesso.
Tra l’altro l’attivarsi di questo piccolo minimo di bassa pressione (vengono chiamati alla mesoscala), oltre a rinvigorire l’attività temporalesca, ha convogliato correnti da nord-est più intense sul comparto imolese e faentino (sul settore settentrionale della piccola depressione), le quali si sono incanalate lungo le valli e determinando in seguito intensi moti verticali risalendo i rilievi.
In tal modo in quelle zone oltre alla componente dinamica (aria fredda in quota e piccola depressione nei bassi strati), si è aggiunta quella orografica (stau appenninico) per flussi da nord-est.
Ciò ha determinato intensi temporali che però si sono mossi assai lentamente a causa dell’ostacolo orografico e nel contempo si sono rigenerati in loco grazie all’afflusso di aria fresca e molto umida.
Alcune delle celle temporalesche innescatesi hanno prodotto anche grandine, ed è stata proprio la loro lenta evoluzione ed il fenomeno della rigenerazione a far sì che la precipitazione sia durata assai a lungo portando a consistenti accumuli al suolo, sebbene in forma localizzata (tipico delle grandinate).
Peraltro abbondanti grandinate tendono con facilità ad ostruire il normale deflusso dell’acqua e sovente complicano ulteriormente gli effetti dovuti alle forti piogge.
L’effetto congiunto di piogge torrenziali e grandinate ha quindi determinato situazioni assai critiche per l’esondazione del Rio Biscia, e di numerosi canali di scolo; inoltre i temporali occorsi nel precedente pomeriggio sulla zona collinare avevano già “preparato il terreno” con alcuni rovesci piuttosto intensi.
Le zone più colpite sono indicativamente quelle di Pergola, Celle, Castel Raniero, Errano, Sarna, San Ruffillo, Marzeno.
I dati provenienti dalla rete pluviometrica regionale (Arpa-SIMC) sono eloquenti, anche se alcune delle frazioni interessate non sono coperte da stazioni meteorologiche.
Tuttavia prendendo come riferimento quelle di Tebano e Lodolone, si notano quantitativi davvero notevoli:
Tebano 69.2 mm in circa 3 ore; Lodolone 69.2 mm nello stesso lasso di tempo, cui si devono aggiungere 8.8 mm del pomeriggio precedente.
A breve distanza si rilevano invece apporti decisamente inferiori (Rontana e Brisighella al di sotto dei 30 mm), a testimonianza di fenomeni molto violenti ma circoscritti.
I tempi di ritorno per precipitazioni così violente sono indicativamente dell’ordine dei 15-20 anni circa, tuttavia essi si stanno “abbreviando” a causa dell’intensificazione delle precipitazioni nell’unità di tempo.
In ogni caso eventi simili o anche peggiori nel bacino del Lamone si ebbero:
il 24 ottobre 1951 59.8 mm in 3 ore a San Cassiano
il 19 settembre 1953 55.8 mm in 3 ore a San Cassiano
il 5 settembre 1959 64.2 mm in 3 ore a Modigliana
l’8 giugno 1964 con ben 102.2 mm in 3 ore a Faenza
il 30 agosto 1966 84.2 mm in 3 ore a Tredozio
l’8 ottobre 1966 70.6 mm in 3 ore a Modigliana
il 17 luglio 1990 63.6 mm in 3 ore a San Cassiano
il 5 luglio 1995 66.2 mm in 3 ore a San Cassiano
il 22 agosto 1996 con 57.6 mm in 3 ore a San Cassiano
il 24 aprile 2004 con 53.0 mm in 3 ore a San Cassiano
il 27 maggio 2009 con 55.4 mm in 3 ore a San Cassiano
il 18 settembre 2010 con 65.4 mm in 3 ore a San Cassiano.
Dunque, un evento molto severo che però ha trovato il loco particolari e temporanee condizioni alla mesoscala per dare origine a fenomeni così intensi, peraltro non del tutto prevedibili in questi termini.
Foto Andrea Raggini
Articolo di Pierluigi Randi
Meteoromagna