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Cambiamenti climatici neve e turismo invernale

 

Il problema neve e turismo è esploso in modo evidente in questa stagione, in Appennino ma anche sulle Alpi. L’arrivo, tardivo e scarso, della neve (attualmente sulle  Alpi orientali e Appennino settentrionale non si va oltre i 10-20 cm di neve naturale) non cambia il quadro della situazione, anche se i cannoni di innevamento hanno sopperito alla mancanza di materia prima dal cielo. Prima di fare nuovi investimenti, è doveroso interrogarsi, alla luce dei cambiamenti climatici, quale sarà il quadro futuro degli sport e del turismo invernale. E cosa può fare il settore per contribuire agli obiettivi della COP 21 di Parigi, sia in termini di mitigazione che di adattamento ai cambiamenti climatici.

 

Non è la prima volta, negli ultimi anni, che assistiamo a carenze, o tardivi arrivi, della neve. Alcune stagioni talvolta anche molto nevose possono aver generato il dubbio, errato, che il global warming sia scomparso, o che il problema non ci riguardi per la speranza, meteobufalara, di essere “salvati”, per opposto, da un era glaciale.

il problema carenza neve naturale non riguarda solo l'0Appennino ma anche le Alpi: la neve artificiale, impatti ambientali a parte, ha costi e limiti, dice l'OCSE (foto cortesia Marco Berni, DIEF UNIMORE)

il problema carenza neve naturale non riguarda solo l’0Appennino ma anche le Alpi: la neve artificiale, impatti ambientali a parte, ha costi e limiti, dice l’OCSE (foto cortesia Marco Berni, DIEF UNIMORE)

Le Alpi sono particolarmente sensibili al cambiamento climatico e sono inoltre critiche dal punto di vista economico ed ecologico. Esse sono anche una delle zone più visitate e rappresentano la “torre dell’acqua” dell’Europa…Il riscaldamento recente è stato grosso modo 3 volte maggiore di quello globale e i modelli climatici prevedono un riscaldamento ancora maggiore nelle prossime  decadi, incluso riduzione della neve a bassa altitudine, arretramento dei ghiacciai, e cambiamenti nelle temperature e precipitazioni estreme. In particolare, l’incremento delle perdite in inverno dovuto alla riduzione del turismo invernale e alla maggior esposizione delle infrastrutture ai rischi naturali rappresenta un punto di primaria vulnerabilità per le Alpi. L’adozione di misure di mitagazione e adattamento sono quindi di importanza critica per i paesi Alpini. OCSE, 2007

Come stanno le cose da un punto di vista scientifico? quale futuro per gli sport invernali e il turismo invernale in montagna? E’ un tema che alcuni ritengono scomodo, ma non può essere ignorato. Fare gli struzzi non serve. Anziché trincerarsi nel negazionismo del problema, si dovrebbe essere consapevoli e per primi, amanti dello sci, scialpinismo, ciaspole, operatori turistici, albergatori, imprenditori, amministratori pubblici, prendere esempio dalle piccole isole Stato, minacciate dai cambiamenti climatici e dall’innalzamento dei mari, che a gran voce hanno chiesto alla comunità internazionale di agire e, determinanti nel negoziato, ottenuto di inserire l’obiettivo molto ambizioso di fare ogni sforzo di contenere il global warming entro 1.5°C rispetto all’era preindustriale.

Per le piccole isole il cambiamento climatico non è solo una questione economica, ma di sopravvivenza. Non occorre però andare ai tropici o agli antipodi per rendersene conto, come come abbiamo visto nel post sul livello del mare, cosa significa, per la costa, un surriscaldamento di 2°C piuttosto che di 4°C.

 

“I cambiamenti climatici stanno già influenzando le Alpi, e l’adattamento è di vitale importanza”

OECD, 2007

 

Per  il turismo invernale sulle Alpi, un importante documento dell’OECD, o OCSE. Che dice in modo chiaro che le Alpi sono colpite più di altre zone dal riscaldamento globale, sia perché da 3 a 4 volte maggiore del resto del pianeta, sia come impatti sugli ecosistemi, ghiacciai, eventi estremi e soprattutto sull’economia montana. Dice anche che a fronte dei problemi del turismo invernale, si aprono, per la montagna, viceversa ai problemi del turismo invernale opportunità d’estate, in quanto le città, ma anche alcune zone di mare, subiranno pesanti conseguenze dalle ondate di calore.

 

“il turismo invernale è particolamente vulnerabile, ma la sensibilità ai cambiamenti climatici varia molto lungo le Alpi”, OECD, 2007

 

Non sono dunque gli ambientalisti a mettere in guardia sul problema, ma una importante  organizzazione economica, che in un apposito rapporto ha vagliato la bibliografia scientifica sull’argomento. Mi limito qui a citare gli impatti sulle stazioni invernali alpine, dall’immagine e dalla tabella si vede chiaramente come cambiano le cose a seconda dello scenario. Uno scenario “BAU” porterebbe sostanzialmente alla scomparsa della maggior parte delle stazioni sciistiche italiane, con molte differenze, come mostra il grafico, fra le Alpi occidentali, più alte, e quelle orientali, con quote medie più basse. I danni invece sarebbero più limitati se contenessimo il riscaldamento globale entro gli obiettivi della COP 21.

Il rapporto OCSE poi analizza anche le alternative alla neve naturale, puntualizzando i limiti e i costi della neve artificiale e indicando opzioni quali “turismo tutto l’anno” e “diversificazione dell’offerta turistica”.

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Si dice anche che il problema non è solo la “scarsità” di neve, ma la “scarsa disponibilità” di neve, ovvero il fatto che la neve non è detto che ci sia come e quando desiderano le esigenze economiche e turistiche. Ovvero, magari la neve manca a Natale, poi arriva tutta insieme e abbondante a stagione inoltrata quindi magari, ndr, se ne va velocemente sotto ondate di caldo o episodi di foehn.

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E in Appennino? Non esistono studi specifici, ma l’argomento andrebbe approfondito. Tanto per fare e un esempio, il limite delle nevicate si innalza di circa 150 m per ogni grado di aumento delle temperature, ma in Appennino spesso le nevicate avvengono con profili termodinamici al limite, tanto che, come spesso vediamo, un grado in più fa balzare il limite delle nevicate da quote basse addirittura fin sulle cime.

Prima di investire o stanziare fondi, pubblici o privati,  è senz’altro opportuno approfondire l’argomento, perché no con progetti di ricerca specifici, in modo da meglio pianificare su cosa investire per un rilancio del turismo e dell’economia montana da tutti auspicato.

“l’industria del turismo invernale si sta già adattando ai cambiamenti climatici, ma ci sono costi e limiti” OECD, 2007”

 

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Di Luca Lombroso