Meteorologia ed eventi Estremi, da Cuba a Modena
Modena, 28 Settembre 2015

3Si è svolta Lunedì mattina, presso il Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” dell´Università di Modena e Reggio Emilia, una giornata dedicata alla “Meteorologia e sicurezza del territorio”.

A capitanare l’evento Luca Lombroso dell’Osservatorio Geofisico del DIEF con un ospite d’eccezione. Grazie ad un suo viaggio nel centro America ha conosciuto il famoso meteorologo Josè Rubiera, Direttore del Centro di previsioni dell’Istituto Nazionale di Meteorologia e meteorologo della Tv di Cuba che era quindi presente a questo appuntamento. Jose’ Rubiera è anche Vice Presidente del Comitato per gli Uragani e Membro del Gruppo di Esperti della Comunicazione dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (Omm) nella regione americana.

Un intervento davvero interessante quello di Jose’ Rubiera perchè ha illustrato prima gli Uragani più distruttivi che hanno colpito Cuba e poi come la sua nazione sia organizzata in ambito meteorologico, facendoci constatare quanto l’Italia sia, in molti aspetti, decisamente indietro nel settore della prevenzione e soprattutto nella comunicazione di eventuali allerte. Noi non possiamo paragonare i loro Uragani con i nostri eventi temporaleschi, ma pensate che Jose’, se necessario, appare negli schermi televisivi di tutta la nazione per allertare la popolazione, interrompendo quasiasi programma,  mentre qui in Italia le allerte non trovano praticamente mai spazio e se ne parla solo dopo, a tragedia avvenuta, e dipende poi se ci sono stati morti e quali territori hanno colpito. Jose’ Rubiera ha spiegato come sia importante avere un ottimo sistema nazionale di previsioni, un sistema di radar e stazioni meteorologiche ma anche un’educazione sui rischi alla popolazione. Coordinazione tra tutti gli enti e cultura del rischio tra la popolazione a Cuba funzionano bene.

4A noi non mancano gli strumenti di Monitoraggio real time (molte stazioni meteo) ma ci manca invece l’aspetto comunicativo, come informare la popolazione del rischio, e non solo. Questo aspettto è stato invece trattato da Carlo Cacciamani, Direttore del Servizio IdroMeteoClima di Arpa Emilia-Romagna, che ci ha illustrato il sistema di allertamento regionale: tante, troppe volte, ci sentiamo dire che “tanto vengono lanciare allerte ogni giorno” e tante altre frasi, non prendendo in seria considerazione un avviso meteo, ma non si sa minimamente il perchè, cosa porta a lanciare un’allerta e cosa si rischia se non viene lanciata un’allerta e poi avviene un fenomeno estremo. Il direttore dell’Arpa ha illustrato molto bene come i nostri strumenti non ci pemettano ancora di sapere, anche a 24 ore di distanza, quale siano le zone esatte dove si potrebbe abbattere un fenomeno estremo. Nell’evento del piacentino, per esempio, si sapeva che erano in arrivo forti temporali sui settori occidentali del nostro crinale, ma non che si sarebbero concentrati sulle valli del piacentino e non su quelle del parmense. Se per il fiume Po l’Arpa ha disposizione 5/7 giorni per organizzare un eventuale allerta (la piena dal Piemonte al ferrarese impiega una settimana ad arrivare), in zone come le colline romagnole o l’Appennino piacentino l’onda di piena arriva in poche ore, quindi a volte entro 2 ore bisogna allertare la popolazione. Questo è quasi impossibile a volte a causa della lentezza dei procedimenti burocratici ora in atto ma, come afferma lo stesso Cacciamani, qualcosa sta cambiando ultimamente, per fortuna. Le allerte meteo dell’Emilia Romagna, inoltre, non vengono lanciate solamente per la quantita di pioggia o di neve prevista, ma viene considerato anche il rischio che puo’ avere un determinato territorio nel ricevere quella quantità di precipitazione. Per esempio pochi giorni fa è stata lanciata un’allerta per il piacentino nonostante erano attesi pochi mm di pioggia: l’allerta, in quel caso, veniva per la situazione precaria di quei territori dopo l’alluvione, quindi porzioni di territorio fragili e in pericolo anche con pochi mm di pioggia. Questo la popolazione lo sa? Ecco la pecca del nostro sistema. Manca la cultura tra la popolazione, a volte anche nelle istituzioni.

5Pierluigi Randi (Meteocenter srl), ha trattato invece il tema dei tornado del 2013 e 2014 in Emilia, spiegando brevemente cosa è e come si forma un Tornado e gli ingredienti che hanno portato alla formazione degli eventi tornadici sul modenese. Un intervento scientifico importante dove e’ stato anche sottolineato come ci sia ancora incertezza sull’aumento dei Tornado nella nostra regione perchè non abbiamo a disposizione molti dati storici ma abbiamo molte basi per ritenere che negli anni prossimi i fenomeni tornadici, anche se stazionari nel numero, possano diventare invece più violenti. La tropicalizzazione del clima NON porta ad un aumento dei fenomeni in questione perchè ai tropici non ci sono i Tornado, tipici invece dei territori continentali, ma l’aumento delle temperature può portare ad una lievitazione dell’energia in gioco per la formazione di questi fenomeni.

Cristiano Bottone (Transition Italia) ha esposto la sua esperienza sul ruolo delle comunità: viaggiando dall’Emilia all’Europa e nel mondo osserva come tanti siano i territori a rischio anche altrove ma in Italia, e nella nostra regione, manca la comunicazione e l’interazione anche tra gli enti preposti.

E’ stato mostrato anche un fatto davvero eloquente: si preferisce finanziare la gestione delle emergenze, a disastri avvenuti, che la prevenzione. Se nella prevenzione si da 1, nella gestione delle emergenze si da 10. Un controsenso incredibile.

Luca Lombroso ha poi illustrato l’evento alluvionale di Modena del Gennaio 2014. Come già detto sopra, l’evento ha visto una pioggia straordinario sul crinale ma soprattutto per quanto riguarda il periodo. A Gennaio dovrebbe nevicare in pianura, figuriamoci a 1000 metri, o meglio, a 2000 metri. Pensate che a metà Gennaio pioveva quasi fin sulla vetta del Monte Cimone, un evento davvero incredibile. Gli apporti pluviometrici di oltre 250 mm sul bacino del Secchia e Panaro hanno quindi portato una piena intensa tra il 16 ed il 19 Gennaio ma NON da far pensare ad una alluvione. Luca ha mostrato anche come negli anni ’70 si manifestava contro la costruzione di autostrade e in favore della manutenzione dei corsi d’acqua, sindaci e cittadini uniti! Luca ha poi illustrato altri avvenimenti meteo interessanti di Modena, grazie ad un archivio storico tra i più antichi in Italia!

folderInternevuti anche il prof. Sergio Teggi, sulla rete di stazioni meteorologiche del DIEF ed il docente del Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari”, Stefano Orlandini, che ha invece trattato l’argomento Alluvione di Modena dal punto di vista idraulico mostrando come abbia fatto a rompersi l’argine del Secchia il 19 Gennaio 2014. Un’insieme di eventi eccezionali nonostante la piena non sia stata la più intensa di sempre. Tutta colpa della pioggia alluvionale caduta sul crinale in un periodo che dovrebbe vedere bufere di neve a quelle quote, colpa delle 5 piene in 30 giorni circa e di altri due fattori determinanti. Solitamente, quando passa una piena a valle, le precipitazioni sono cessate e quindi la piena in pianura arriva con assenza di pioggia, cosa che non è avvenuto in questo frangente visto che nel momento di passaggio della piena su Modena erano in atto temporali, a Gennaio, un evento eccezionale. E ultimo, ma non per ordine d’importanza, le tane degli animali, probabilmente di Istrice o Volpe. Il professore ha illustrato come si era a conoscenza che in quel punto ci fossero tane di animali e questo ha provocato, con tutti gli elementi sopra descritti, il collasso dell’argine e quindi la sua rottura. Quindi questo evidenzia come la prevenzione sia fondamentale..

Sono intervenuti anche il Rettore di Unimore, il prof. Angelo O. Andrisano, il Direttore del DIEF prof. Alessandro Capra e l’Assessore all’Ambiente del Comune di Modena Giulio Guerzoni: tutti e 3 hanno evidenziato il ruolo storico e centrale dell’Osservatorio di Modena, come questo sia uno dei primi nati in Italia, e non solo, e come sia un elemento di Modena, un “monumento”.

Una conferenza davvero interessante, da ripetere e, parere personale, da espandere non solo ai meteoappassionati e studenti universitari ma anche in piazza, tra la gente, perchè è fondamentale diffondere una cultura dei rischi anche tra la popolazione, cosa che al momento manca molto.