il centro storico di Soliera (MO) allagato, con i contadini che cercano di salvar eil loro bene più prezioso: il bestiame e i trattori

il centro storico di Soliera (MO) allagato, con i contadini che cercano di salvar eil loro bene più prezioso: il bestiame e i trattori

Ricorrono in questi giorni i 50 anni dalla famosa, disastrosa alluvione di Firenze del 1966. Alluvione  famosa appunto per la storica esondazione dell’Arno e per l’acqua alta a Venezia ma che, forse meno noto, colpì duramente anche la nostra regione.

Ne avevamo già parlato un anno fa, in questo articolo, ma vale la pena di approfondire e arricchire la nostra ricerca con altri dati e altro materiale.

Modena e suoi fiumi, Secchia e Panaro, videro una delle peggiori alluvioni del secolo, con 9400 ha allagati dall’esondazione del fiume Secchia e 7000 ha da parte del Panaro, per totali 16400 ha allagati nei comuni di Modena, San Cesario, Bastiglia, Soliera, Campogalliano, Novi e Castelfranco Emilia. Secchia ruppe l’argine sinistro a Villanova di Modena e a Sozzigalli di Soliera, a Soliera l’acqua arrivò addirittura in centro, in Piazza Roma. Vasti allagamenti anche a Campogalliano. Panaro ruppe l’argine al Ponte di Navicello. Esondò anche il torrente Tiepido e crollò un ponte nei pressi di Vignola.

Un bel racconto si trova in questo blog, dove emerge come, allora non esisteva l’odierna, organizzata protezione Civile e non c’erano gli allerta meteo come abbiamo oggi, la popolazione si attivò per aiutarsi a vicenda

L’unione fa la forza: Tutte le persone si impegnarono e si “rimboccarono le maniche” per tornare alla situazione normale in meno tempo possibile:

– Chi ne aveva la possibilità, andava con delle piccole imbarcazioni a soccorrere le persone più in difficoltà che erano bloccate ai primi piani;

– Altri facevano dei turni di notte (di circa 8 ore ciascuno) per sorvegliare l’argine e dare l’allarme in caso di altre piene;

– Alcuni volontari vicino all’argine scavavano dei solchi per far scorrere meglio l’acqua verso il mare dato che il territorio non è in pendenza.

 

Livello idrometrico del fiume Secchia a Castellarano e a  Ponte Alto, fiume Panaro a Spilamberto e a Navicello durante l'alluvione del 3-4 novembre 1966

Livello idrometrico del fiume Secchia a Castellarano e a Ponte Alto, fiume Panaro a Spilamberto e a Navicello durante l’alluvione del 3-4 novembre 1966

 

Le piogge furono particolarmente abbondanti sia in montagna che in pianura, a Modena Osservatorio 18 mm il giorno 3 e ben 68.6 mm il 4 novembre, con 80 mm a Modena Giardini Ducali. In Appennino da alcuni dati raccolti risultano, in 24 ore il giorno 4, 110.8 mm a Monteombraro di Zocca, 104.4 mm a Pavullo, 157.4 mm a Sestola, 205 mm a Fellicarolo di Fanano. Impressionanti le piogge plurigiornaliere, tr ail 3 e il 7 novembre 276.2 mm a Piandelagotti e 355.2 mm a Fellicarolo di Fanano, mentre a Rimagna (Parma) in 7 giorni caddero 341 mm. Da notare che si veniva anche da un ottobre straordinariamente piovoso, Piandelagotti vide nel mese precedente l’alluvione cadere ben 328 mm di pioggia. A ciò va aggiunto che lo zero termica era elevato e quindi le precipitazioni esclusivamente piovose anche sulle cime Appenniniche.

Anche in Romagna le precipitazioni furono molto consistenti, anche se non ai livelli di quelle occorse in alcuni comparti emiliani; del resto la dinamica dell’evento è tipica di quelle foriere di piogge particolarmente copiose sul comparto appenninico emiliano, più vicino all’azione della depressione responsabile del forte maltempo.  Qualche dato:

Per quanto concerne le aree di pianura a Conselice (RA) caddero 141.2 mm di pioggia tra i giorni 3 e 5 (quasi il doppio della normale piovosità di novembre) con un picco di ben 127.3 mm il giorno 4. Valori leggermente inferiori a Lugo ma comunque ragguardevoli: 113.0 mm nei tre giorni con picco di 91.2 mm il giorno 4. Da notare come sul comparto lughese tutti i mesi da luglio a dicembre 1966 ebbero precipitazioni superiori ai 100 mm (con novembre sopra i 200 mm), circostanza mai più verificatasi in seguito. Leggermente più contenute le piogge sul comparto orientale e costiero, ma ugualmente di rilievo.

Salendo sull’area di confine tra Appennino ravennate e toscano (Marradi) troviamo ben 160.6 mm tra i giorni 3 e 5 con picco di 119.0 mm il giorno 4, mentre San Cassiano (RA), sul bacino del Lamone, ebbe 134.4 mm di pioggia con massimo di 102.2 mm sempre il giorno 4. Notevoli anche alcuni dati del settore appenninico forlivese: in località Premilcuore (FC) si ebbero 162.2 mm con picco di 127.2 mm sempre il giorno 4.

Ma fu nella zona di Campigna (FC) che si ebbero gli accumuli più rilevanti; 290.7 mm a Campigna (1068 mslm) con massimo di ben 207.1 mm il giorno 4; 222.5 mm a Corniolo (589 mslm sul bacino dei Fiumi Uniti) con picco di 180.7 mm il giorno 4; 148.6 mm a Santa Sofia (FC, 257 mslm, bacino dei Fiumi Uniti) con massimo di 107.4 mm sempre il 4 novembre. Di rilievo anche i 205.0 mm di Verghereto (FC, 812 mslm, bacino del Savio) con punta di 168.0 mm il giorno 4; ed i 184.6 mm di Bagno di Romagna (FC, 495 mslm, bacino del Savio) con 152.2 mm nella sola giornata del 4. Decisamente meno significative le precipitazioni del comparto appenninico riminese.

Responsabile, dal punto di vista meteorologico, fu una situazione classica di “depressione tirrenica piovosa”, ma con alcune caratteristiche particolari: profonda, ma non eccessivamente (995 hPa il minimo del giorno 4/11/1966), ma soprattutto con conformazione stretta e allungata, con un flusso sciroccale intenso e ondulato lungo i meridiani e incanalato lungo la catena Appenninica, tale da accentuare il trasporto di masse d’aria calde e umide, con l’elemento fondamentale del blocco anticiclonico stazionario sull’Europa centro-orientale. Una situazione meteo che deve far riflettere: che succederebbe, oggi, se si ripetesse una situazione simile, con un’atmosfera più calda a causa del riscaldamento globale, e soprattutto con mari più caldi?

Val la pena di guardare, a proposito della storica situazione sinottica di quei giorni, queste mappe veramente vintage, dal “Cartello Meteorologico Quotidiano”, che veniva pubblica e stampato, appunto quotidianamente, dal Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare. Mappe disegnate a mano, il meteorologo tracciava le isobare e i fronti in base ai dati provenienti dalle stazioni sinottiche ricevute via radio o via telescrivente dalla rete GTS Global Telecomunication System del WMO. Un lavoro meticoloso e professionale di decodifica dei codici, riportarli a mano su una carta geografica, quindi tracciare appunto isobare o isoipse e fronti sempre rigorosamente a mano libera. Mappe molto più dettagliate, oltre che affascinanti delle moderne reanalisi, ricche di informazioni. Oggi questo lavoro viene svolto automaticamente da catene modellistiche, super computer, oputput grafici, quindi comodamente non solo nelle sale meteo operative ma anche da casa su un computer collegato a internet o perfino da qualsiasi luogo del mondo su uno smart phone o tablet ci troviamo molte più mappe, molte più informazioni di quanto tutti i meteorologi del mondo di allora disponevano.

Quanto abbiamo oggi si deve però anche alla conoscenza ed esperienza di chi eseguiva questo meticoloso lavoro; chi, oggi, saprebbe disegnar euna mappa simile da dati che arrivano su una telescrivente?

 

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Analisi in superficie, 3 novembre 1966 ore 00 UTC

 

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Analisi in superficie, 4 novembre 1966 ore 00 UTC

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Analisi in superficie, 4 novembre 1966 ore 12 UTC

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Analisi in superficie, 5 novembre 1966 ore 00 UTC