La pesantissima Grandinata a Imola del 5 Settembre 2010

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Durante il pomeriggio del giorno 5 settembre 2010 una grandinata di eccezionale violenza è occorsa su una vasta area del comparto territoriale imolese (segnatamente quello settentrionale e nordorientale comprendente le località di San Prospero e Sasso Morelli), recando danni devastanti non solo alle colture ma sensibili anche alle infrastrutture a causa dell’enorme dimensione dei chicchi (diametro medio di 3 cm con picchi di oltre 5 cm).

Se da un lato su comparto imolese ed anche faentino sono abbastanza comuni eventi grandinigeni poiché vengono sovente a trovarsi nella zona di convergenza nei bassi strati tra flussi sudoccidentali appenninici secchi, ed orientali o sudorientali adriatici molto umidi (dry-line) che, in condizioni di sufficiente instabilità atmosferica, supportano l’innesco di sistemi temporaleschi, dall’altro queste zone sperimentano raramente chicchi di grosse dimensioni (anche se talora i rovesci risultano abbondanti), come accade ad esempio, per quanto concerne la regione Emilia-Romagna, su ferrarese che detiene il primato regionale di energia media di caduta per unità di superficie. Inoltre queste stesse zone vedono, climatologicamente parlando, una maggiore frequenza di episodi nel periodo maggio-agosto (con giugno che vede la massima frequenza), mentre in settembre normalmente il fenomeno tende a divenire più raro.
In tal senso il rovinoso evento del 5 settembre è da considerarsi eccezionale.

Grandinate con chicchi di dimensioni superiori a 3/5 cm sono di norma associate a temporali cosiddetti a supercella, ovvero intensi sistemi che sono dotati di moto rotatorio e che in casi estremi possono produrre tornado.
È il caso della grandinata del 5 settembre sull’imolese, colpito da un temporale a supercella.

Nel pomeriggio del giorno 5 si è avuto l’avvento di masse d’aria fredda in quota proveniente da NW con l’isoterma -15°C sul piano isobarico di 500 hPa su Romagna.

Aria fredda in quota che affluisce su aria più calda ed umida presente nei bassi strati implica sempre moderata-forte instabilità atmosferica.
L’aria fredda era pilotata da un flusso di correnti nordoccidentali indotte dalla presenza di un vortice di bassa pressione su Europa orientale.

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Nei bassi strati era inoltre presente un flusso di correnti calde ma soprattutto molto umide che da ESE entravano dal mare Adriatico. Aria molto umida e calda rappresenta sempre un’ottima alimentazione di energia che la macchina temporalesca può sfruttare.

Tale flusso andava poi a convergere con correnti da SW più secche attive sull’Appennino e provenienti dalla Toscana (dry-line); la convergenza di masse d’aria aventi diverse caratteristiche nei bassi strati facilita notevolmente l’innesco dei moti convettivi come detto nella parte introduttiva.

Infine si ebbe un rinforzo dei venti alle alte quote ( con incremento del windshear) che favorì la struttura inclinata delle celle temporalesche (favorevoli alla genesi di grandinate).

Sebbene la dinamica meriti trattazione più approfondita ci limitiamo ad evidenziarne gli aspetti essenziali per non appesantire troppo il lettore.

In ogni caso quel pomeriggio erano presenti tutti gli ingredienti “base” per l’innesco di attività temporalesca anche severa: forti correnti ad alta quota con elevata vorticità; arrivo di aria fredda e secca alle quote medie; convergenza di venti aventi diverse direzioni e proprietà nei bassi strati; aria umida nei bassi strati; windshear verticale positivo nel campo del vento.

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Nell’immagine in alto a sinistra la devastazione di un Vigneto in zona San Prospero.

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Articolo di Pierluigi Randi, http://www.meteoromagna.com