La stagione invernale 2016-2017, da poco conclusa sotto il profilo meteorologico, è risultata in Romagna (temperatura media stagionale), leggermente più mite rispetto alla norma climatologica di periodo 1971-2000, con una anomalia termica positiva di +0,5°C, ascrivibile alle seguenti anomalie mensili:
Dicembre 2016: +0,3°C; gennaio 2017: -1,0°C; febbraio 2017: +2.3°C.

In tal senso l’inverno 2016-2017 si colloca come il diciottesimo più mite a partire dal 1950 a pari merito con quelli del 1958-1959 e del 2007-2008, ma certamente più freddo rispetto ai tre che lo hanno preceduto, che non a caso risultano, in compagnia del 2006-2007, come i più miti degli ultimi 70 anni.

 

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Anomalie di temperatura media invernale in Romagna dal 1950 rispetto al clima 1971-2000. Fonte dati: campione di 20 stazioni Arpa-SIMC/ASMER

Di notevole interesse il dato di anomalia termica di febbraio 2017, ovvero il più mite dei tre mesi invernali, che con un valore di anomalia di +2,3°C su base regionale, appare come il settimo più caldo dal 1950.
Dicembre 2016, sostanzialmente nella norma, ha però mostrato sensibili diversificazioni tra il comparto appenninico, laddove è risultato alquanto mite e con anomalie talora superiori a 1°C, ed il settore pianeggiante e costiero, laddove persistenti inversioni termiche con frequenti nebbie, grazie al prevalere di alte pressioni, hanno contribuito a limitare in parte gli scarti termici positivi dalla norma.

Solo il mese di gennaio 2017 ha evidenziato generali anomalie termiche negative con un valore medio regionale di -1,0°C che lo pone come il più freddo dal 2010 dopo una serie di mesi di gennaio estremamente miti (2014-2015-2016). Occorre peraltro precisare come, a differenza di altre regioni della penisola, sul nostro comparto il suddetto mese non possa affatto considerarsi come particolarmente freddo, con fase rigida di un certo rilievo limitata al periodo 6-17 con picco nel periodo 6-12 e con temperature minime assolute localmente appena inferiori a -10°C sulle zone di pianura interna del lughese e faentino. Si tratta i valori minimi assoluti tutt’altro che estremi, e che negli inverni di qualche decennio fa venivano regolarmente raggiunti e sovente superati.

Una seconda ma debole fase fredda, peraltro indotta essenzialmente da insistenti inversioni termiche sia tipo radiativo che da subsidenza (alte pressioni) e quindi limitata all’area pianeggiante e pedecollinare, si è avuta nel periodo 13-19 dicembre 2016 con diffusi fenomeni di galaverna tra i giorni 17 e 18.
Praticamente assenti le fasi fredde in febbraio 2017, con un decorso mensile del tutto caratterizzato da condizioni miti o molto miti, le quali hanno abbondantemente controbilanciato il relativo freddo del precedente gennaio.

Ad ogni buon conto, nonostante una leggera mitezza complessiva, la stagione invernale 2016-2017 non può essere accostata, sotto il profilo termico, alle mitissime invernate che hanno caratterizzato il periodo recente, quando si sono avuti tre dei quattro inverni più miti degli ultimi 100 anni.
Nell’unica vera fase fredda dell’inverno prima accennata le aree del continente europeo maggiormente interessate dall’irruzione di aria artica proveniente da NNE sono risultate soprattutto l’Europa orientale, con particolare riferimento al comparto balcanico, fino a colpire anche il settore centrale e meridionale adriatico dell’Italia, interessando però solo marginalmente la Romagna, come si evince dalla seguente mappa di distribuzione delle anomalie termiche del mese di gennaio (riferimento climatologico 1981-2010) nella quale le aree con le anomalie termiche negative più consistenti conservano traccia della forte irruzione occorsa tra la prima e la seconda decade del mese.

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Anomalia termica in °C su Europa gennaio 2017 rispetto al clima 1981-2010. Fonte: reanalisi NCEP karstenhaustein.com/reanalysis

L’aspetto che ha maggiormente contribuito ad un decorso stagionale leggermente mite e con anomalie termiche positive non paragonabili a quelle occorse nei tre inverni precedenti, è da ricercare in una anomalia barica positiva (pressione più alta rispetto alla norma) su gran parte del continente europeo ma con i massimi di anomalia a nord dell’arco alpino (tra Germania e Mare del Nord). In tal modo qualche afflusso di aria più fredda, ma essenzialmente nel mese di gennaio, è riuscito a rientrare da NE convogliato dai massimi di alta pressione attivi più a nord, colpendo peraltro maggiormente le regioni meridionali e centrali adriatiche.
Una tale dislocazione dei centri di anomalia barica (mappa seguente) ha generato lunghe fasi anticicloniche sulla nostra penisola con temperature via via più basse procedendo da nord verso sud.

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Anomalia barica in hPa su Europa inverno 2016-2017 (rispetto a clima 1971-2000). Fonte: NCEP/NCAR Reanalisys

Solo in febbraio un vasto canale depressionario di provenienza atlantica è riuscito a forzare a sud le insistenti alte pressioni, favorendo l’ingresso sul bacino del Mediterraneo di alcune onde depressionarie provenienti da ovest o sud-ovest all’origine di brevi periodi instabili ma in prevalenza miti data la provenienza oceanica o talora mediterranea delle correnti, alternati a pause anticicloniche più asciutte e stabili ma ugualmente miti.

Dopo un dicembre 2016 in gran parte anticiclonico e con precipitazioni scarse o molto scarse, salvo un breve episodio il giorno 20; la precipitazioni sono proseguite assai scarse e ben al di sotto della norma nel gennaio 2017; mentre il febbraio 2017, grazie ad un maggior intervento delle correnti umide atlantiche o mediterranee, ha mostrato una piovosità all’incirca entro la norma climatologica (1971-2000) o più spesso superiore, ma ben lontana dai piovosissimi mesi di febbraio 2015 e 2016.

A livello stagionale, mediando le anomalie pluviometriche in percentuale occorse nei tre mesi della stagione, emergono i seguenti dati: dicembre 2016 molto asciutto con anomalia pluviometrica di -66,4%; gennaio 2017 altrettanto secco con anomalia di -50,8%; febbraio 2017 con precipitazioni in ripresa ed anomalia mensile di +36,9%, anche se le anomalie positive maggiori si sono concentrate su ravennate e riminese (fino a +50/+60% su ravennate nord-occidentale).

Ne consegue una anomalia stagionale di precipitazione di -27,5% che definisce l’inverno 2016-2017 come poco piovoso. In tal senso si tratta del primo inverno scarsamente piovoso dopo le precedenti quattro stagioni nelle quali prevalsero nettamente anomalie pluviometriche positive anche di un certo rilievo (2012-2013; 2013-2014; 2014-2015; 2015-2016). In pratica le discrete piogge di febbraio 2017 non sono risultate sufficienti a controbilanciare le scarse precipitazioni di gennaio 2016 e dicembre 2015.

Chiaramente con il decorso poco piovoso dell’inverno appena concluso sono state praticamente assenti le nevicate in pianura e lungo la costa, a parte una comparsa, e con trascurabili al suolo, sui settori pianeggianti del comparto settentrionale ed occidentale e sulla costa ravennate in corrispondenza dei giorni 13 e 15 gennaio. Nevicate un poco più consistenti sono occorse altresì sulla fascia appenninica nei giorni 16-17 gennaio ma senza estendersi alle limitrofe pianure. La fase fredda più intensa di gennaio è stata infatti accompagnata da masse d’aria assai secca in un regime anticiclonico, e pertanto poco inclini a generare sistemi nuvolosi e precipitazioni, salvo brevi rovesci di neve sulla costa riminese ma non associati a depositi al suolo.

Ovviamente, in base a questi riscontri, su tutta l’area pianeggiante e costiera della Romagna l’inverno 2016-2017 ha mostrato una nevosità molto inferiore alla norma climatologica (1961-2010), e ciò riguarda il quarto inverno consecutivo; aspetto che trova pochi precedenti nelle serie storiche inerenti questo particolare parametro.

Archiviamo pertanto un inverno leggermente mite, e quindi non sui livelli di mitezza dei tre precedenti, e poco piovoso/nevoso, governato, specie primi due mesi della stagione, da insistenti alte pressioni.
Proprio il deciso prevalere delle condizioni anticicloniche, associate a scarsa ventilazione ed a ostinate inversioni termiche, ha favorito il verificarsi di frequenti e persistenti nebbie su aree pianeggianti e costiere particolarmente in dicembre 2016, anche se non ai livelli del dicembre 2015 che in alcune aree della pianura lughese vide giornate con nebbia in numero di 29-30 giorni su 31, limitandosi ad una ventina di giornate, dato comunque di un certo rilievo.